Aumentano i campi in tutta Italia, si fanno investimenti sempre più importanti, cresce l’attenzione dei media, si moltiplicano le app per prenotare, i gruppi di fb per discuterne, gli acquisti di pale e accessori.

Ma cosa c’è dietro al padel, al di là della moda, passeggera o meno?

Wikipedia ci dice questo: “Nel 1969 il messicano Enrique Corcuera, volendo costruire un campo di paddle tennis in casa sua ed essendoci dei muri proprio a ridosso dello spazio disponibile per tracciare il campo, concepì l’idea di considerare i muri come parte integrante del campo di gioco stesso. Corcuera poi regolamentò il nuovo gioco e lo chiamò padel.

Il padel è uno degli sport più popolari in America Latina (in particolare in Argentina) e in Spagna con 4 milioni e mezzo di praticanti amatoriali oltre ad essere discretamente popolare anche in Portogallo e Svezia. Negli ultimi 5 anni questo sport ha visto una forte crescita anche in Italia, dove il numero di campi è cresciuto di oltre l’800%, superando quota 1200 ad aprile 2020.”

Okay, bene, figo! Ma perché questo successo?

Probabilmente, una delle cose più belle, specie nell’epoca del covid-19, è la capacità che ha questo sport di coinvolgere, aggregare, e l’apparente facilità con la quale si può scambiare qualche palleggio.

Il tennis ha tutt’altra difficoltà, si gioca molto più spesso in sfide 1vs1, il doppio è quasi un altro sport.

Invece nel padel, si gioca in 4, e il misto è più che accettabile, facendo meno ricorso alla potenza del tennis, il suo cugino più anziano.

Ma cogliamo anche un altro aspetto, quello che più ci interessa: il lato romantico del padel. La bellezza, cioè, di un punto fatto di sponda, di un rimbalzo sul vetro, di una carambola sull’angolo.

A chi non viene in mente il “battimuro” che si giocava in cortile? Una sorta di squash improvvisato, magari con i mitici “Supersantos” o i “Supertela”, palloni economici e inarrivabili, che gli under 30 non possono conoscere. (Andate via da questa pagina!!!)

A me, per esempio, viene in mente anche il dribbling che facevi all’avversario, giocando a calcio in cortile, appoggiandoti al muro.

Un dai e vai, un triangolo di ‘zemaniana’ memoria, che era possibile solo con l’aiuto di quel freddo compagno.

Le diagonali, e le geometrie alla ‘Pirlo’, dicevamo, sono la parte nobile di questo sport.

Non a caso gli ex calciatori migliori in questo sport, sono gli ex centrocampisti, come Albertini, Pirlo, ma anche i fantasisti, Zola e Totti ad esempio.

E’ dunque questa, a parer mio, una delle cose più belle, goliardiche, e aggreganti, di questo sport.

Un tuffo nel passato, un gioco semplice eppure pieno di tattiche e strategie, che però restano in sottofondo, per chi non approfondirà con corsi, tornei, perseveranza.

Ma va bene anche così: giocare per divertirsi con gli amici, appuntamenti sociali anti covid-19, momenti di nostalgico revival, l’amarcord delle partite di quartiere, dove in fondo siamo rimasti ad aspettarci, e dove torniamo ogni volta che entriamo in un campo di padel.

Ci ritroviamo ancora piccoli, ingenui, quasi emozionati, per quelle partite epiche ed insignificanti, in cortili di periferia.

Era il Bernabeu di Pablito, palloni d’oro o di tela, momenti di gioia o disperazione, e mamme che urlavano che la cena era pronta.

Era ed è tutto questo il padel: un gioco di successo, perché emozionante e romantico come un ricordo dell’infanzia.

E voi, cosa ne pensate?

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